Festival dell’Appenino

 

 

Iniziamo subito col ringraziare chi ci ha accolto senza diffidenza, con un abbraccio sincero, come vecchi conoscenti. La montagna, quella montagna fatta di freschi ruscelli, valli infiorate e boschi secolari ma anche di uomini curvi a raccoglierne i frutti e donne dai visi solcati dal vento. Lo speravamo, ma avevamo paura di sentirci ospiti rumorosi. L’abbraccio è stato davvero grande; il Festival dell’Appennino, col suo seguito di entusiasmo e timore, è riuscito, nella sua prima edizione, ad entrare in rispettosa confidenza con un mondo ricco di autenticità e verità, di umanità ed essenzialità, un mondo nemico del fragore scomposto dei tempi moderni ma dove le difficoltà quotidiane ne mettono spesso a dura prova la resistenza e l’esistenza. Abbiamo ricevuto davvero tanto. Qualcosa crediamo di aver anche dato. Osiamo credere di aver consegnato una piccola speranza in più, di aver fatto capire che qualcuno al di fuori di questo mondo è pronto a sostenerne gli sforzi, a rispettarne le scelte. Certo non è solo “grazie al Festival” che in quest’ultimo anno sia nato più di un sodalizio al fine di dare linfa e dignità alle nostre montagne e siano sorte associazioni di giovani che guardano la propria terra non più con gli occhi disillusi di chi vuole andarsene, ma osiamo credere che anche noi in qualche modo abbiamo dato il nostro contribuito.